Facciamo il punto su quello che c’è. Intanto dal quadro generale sulle misure per le imprese e sugli investimenti che rientrano nel Piano Industria 4.0 emergono due opportunità. Viene introdotto, per l’anno 2019, un credito d’imposta a favore delle imprese che investono in formazione per Impresa 4.0 e sono beneficiarie di questa misura tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato. Inoltre è previsto per due anni il nuovo contributo a fondo perduto per le Pmi che si avvarranno di consulenze per l’Impresa 4.0, l’ammodernamento gestionale e organizzativo o l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali, prestate da manager o società di consulenza, iscritti presso un apposito elenco che verrà istituito presso il Mise.
Ancora a vantaggio delle imprese e dei loro investimenti, verrà creato un portale unico per i fondi Ue che aiuterà anche a trovare i partner per concorrere. Il nuovo portale per i finanziamenti e le offerte ospiterà tutti i programmi comunitari gestiti a livello centrale in un’unica sede e coprirà i bandi di gara e i relativi contratti di appalto.
Infine apprendiamo che la mappa degli otto «competence center» che sono previsti dal Piano Industria 4.0 a supporto dei processi di innovazione delle imprese è quasi completa. Anche il competence center guidato dall’università Sapienza di Roma ha concluso la fase di negoziazione con il Ministero dello Sviluppo Economico che si tradurrà in un finanziamento di circa 7 milioni di euro a cui se ne aggiungono altrettanti dei privati. Il centro di competenza «Cyber 4.0» del Centro Italia – così si chiama questo polo di ricerca e trasferimento tecnologico scelto insieme ad altri sette nel piano industria 4.0 per sviluppare progetti e fornire servizi alle Pmi – sarà specializzato nella «cybersecurity ad ampio spettro con le declinazioni specifiche nel settore dello spazio, dell’automobilistico e dell’e-health».
Se invece facciamo il punto su quello che manca, emerge una criticità strutturale che riguarda le imprese italiane: «Le imprese continuano a usare tecnologie tradizionali per produrre beni o servizi tradizionali, quindi esposti alla concorrenza di Paesi a basso reddito come la Cina e l’Est Europa». E’ quanto sottolinea Enrico Moretti, che critica la manovra appena varata dal Governo in quanto non agisce in modo da sostenere le imprese nell’adeguarsi alle nuove tecnologie. Le imprese vanno aiutate a capire quali saranno le tecnologie di domani e spingerle ad aggregarsi. «Le nostre Pmi sono eccezionali, ma piccole e spesso orientate a pochi prodotti: in un mondo che cambia velocemente è un attimo andare fuori mercato. Ti salvi solo se ha differenziato. Ma se sei piccolo non puoi farlo».
Un orizzonte per il processo di cambiamento che le imprese, anche piccole, possono intraprendere è a portata di mano. Pare che, solo in Europa, siano attesi nei prossimi quattro-cinque anni nuovi investimenti in «sostenibilità» per 320 miliardi di euro: una spinta senza precedenti all’innovazione dei modelli industriali. Di questa spinta al cambiamento si è fatta paladina Intesa Sanpaolo che ha sottoscritto un accordo con la Ellen MacArthur Foundation, la Fondazione britannica tra i maggiori promotori dell’economia circolare nel mondo.
Considerato quello che c’è, quello che ci manca e le prospettive possibili, potrebbe anche avere dei vantaggi essere gli inseguitori e non i pionieri della Rivoluzione 4.0. Ai posteri l’ardua sentenza!
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