Hanno tutti ragione, come diceva il titolo di un libro di Paolo Sorrentino.
Ha ragione il Fondo Monetario Internazionale che ha riconosciuto la necessità -a livello internazionale – di ridurre le previsioni di crescita, a fronte di criticità globali come l’impatto economico dei rischi ambientali, le tensioni sul commercio e il rischio geopolitico.
Anche se l’Eurozona tiene, l’Italia rimane ferma, con tutte le sue incertezze sui conti pubblici e con gli effetti che questo genera sui consumi e sugli investimenti.
Ha ragione anche l’analisi fatta dal Rapporto I.T.A.L.I.A di Symbola, dal quale emerge un’Italia migliore delle sue stesse aspettative. Eclatante il dato che mette l’Italia tra i primi 10 Paesi al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo e, a fronte di questo, il fatto che solo il 13% degli italiani ne sia consapevole e addirittura quasi uno su due (45%) la ritiene una notizia poco attendibile! Ma non solo: con il 76,9% l’Italia è il Paese europeo con la più altra percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti; più del doppio della media comunitaria (36%). E siamo anche primi tra i grandi Paesi europei per caso di circolarità dell’economia. Sono le imprese coesive (quelle che curano le relazioni con i propri lavoratori e con i soggetti che fanno parte del loro ecosistema) ad avere i risultati migliori sia come performance economiche che occupazionali.
Eppure ha ragione anche chi, come Alessandro Rosina, punta i riflettori su un’Italia che non considera uno dei suoi beni principali: i giovani. Sono tre i fenomeni messi in evidenza da Rosina: l’Italia -più degli altri Paesi europei- ha molti early leavers, persone tra i 18 e 24 anni che non hanno completato la scuola secondaria superiore; l’Italia detiene il record europeo di NEET (giovani non inseriti nel mondo del lavoro e nemmeno in attività scolastiche o formative) e esportiamo i nostri high skilled (420 mila negli ultimi 10 anni), senza avere la capacità di attrarne dagli altri Paesi (abbiamo saldi negativi in tutte le regioni).
Il nostro è un Paese che non riesce a valorizzare le lauree e i dottorati. Viene da pensare che dietro a tutta questa ragione alcuni torti, da qualche parte, ci devono pur essere. Idee?
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